Perché può anche essere così.
Vivi una vita in mezzo al benessere (-esperienza personale, ovviamente-).
Viaggi, case in montagna, cenette in ristoranti bellissimi
di tutti i tipi: moderni, alternativi, eleganti, originali.
E stai bene. Ridi, vivi, scherzi, giochi, stai ore al
telefono con la tua amica.
Poi arriva questo lui.
Che ti porta in una via di Milano; una strada che ormai è una Casba. Sembra di essere in Arabia.
Sono tutti scuri. Ma tutti!
E ti porta in un ristorante, che spicca fra un’infilata di
Kebab e negozi di cineserie. Ma spicca proprio. Un atollo in mezzo al mare.
Una trattoria milanese tipica tipica.
Dove entri e tutto cambia.
Sparisce la Milano Araba.
Vedi subito tavolini con quella classica tovaglia a
quadretti. E il bancone del bar di alluminio. Dove c’è credo sempre uno che
sbevazza il suo bicer de vin.
E il resto alla tua destra è tutto apparecchiato. Ma non è
il semplice fasullo. E’ il semplice, perché è semplice. Non studiato. Perché forse
“si fa così”.
Non ci sono le tovagliette di carta da macellaio. Perché il
poco raffinato deve fare chic.
E’ così e basta.
E c’è anche un dietro. Un’altra stanza. Uguale a quella
davanti.
E’ la Trattoria Amilcare. E Amilcare è seduto in uno dei
tavolini.
Poi c’è una lei che ci sa fare coi clienti, un lui che
cucina e un lui al già citato bancone.
Che logicamente è tutta una famiglia.
I kebabiani, quelli là fuori, qui non entrano.
Vedi solo italiani. Che è bello ogni tanto stare tra di noi. (Nessun razzismo che sia chiaro!)
E mangi la cotoletta alla milanese, il bollito, le verdurine
fresche, la pasta al pomodoro, le patate bollite col prezzemolo. I pomodori con
la cipolla.
“Sai Anna, una volta di ristoranti così ce n’erano a ogni
angolo”
- Ops, Per me è la prima volta – Almeno: a Milano – Almeno: da
tempo. -
“La bellezza di questo posto sta proprio nello spiccare in
mezzo al cambiamento di una città, piena di stranieri (in questo caso) o di
ristoranti alla moda. Sta nell’essere rimasto rappresentante di un ricordo.
In quel ricordo dove c’era spontaneità.
Sai, vorrei portarci anche il mio amico Pinco Pallo e Bingo
e Bango. Questo posto è istruttivo. Ti fa capire che… Ti fa capire che…”
Insomma ti fa capire quello che c’è da capire.
Non è per tutti. Non credo che tutti possano comprenderlo. E’ per
quelli che ne “hanno bisogno”.
E io, dopo anni di scarpe lucide, di abiti modaioli, di discorsi
leggeri, di parrucchieri di grido e di lustrini e lustretti, rimango basita. Affascinata.
Questa ricerca estenuante del “vero” di questo lui, mi rilassa. E’ la ricerca,
la scelta che mi piace. Non l’obbligo, non perché il diversamente non si può
fare.
E’ come se fossi uscita da un film. Dove non ho più bisogno
di recitare. Dove posso essere me stessa.
Ah, e altro piccolo particolare: in tre qui la spesa è 29
euro. Ma non a testa. In totale.
30 con la mancia.
Amilcare. La trattoria…