lunedì 27 marzo 2023

QUEGLI OMONI

Quegli omoni harleyisti, quelli grandi e grossi.

Quelli con le spalle larghe, imponenti, quelli con quei piedi infiniti calzati da scarpottoni bombati, sgraziati. Così da renderli rudi e come ciondolanti nel loro camminare. Con quei giubbottoni che stringono sempre sotto le ascelle.


Sì proprio loro. Quegli omoni.


Li ho visti abbassare il capo l'altro giorno. Con i piedi e le mani uniti, in un accenno di preghiera sconosciuta e disperata.

Ho sentito le loro lacrime silenziosissime, trattenute, ma impossibili da nascondere. Ho scoperto il loro sguardo perduto, trasparente, ancora incredulo, che diceva "aiuto, soffro".

Ecco. Sono stati loro a farmi star male. Loro così forti, così navigati, ma così fragili. Così di nuovo bimbi davanti al dolore. Quello peggiore. Quello della morte.


Era morto il loro amico e una messa li aveva riuniti. Fermi, bloccati da un prete che inesorabile scandiva con parole purtroppo inutili il suo non più ritorno.


E Vi ho osservati uscire dalla chiesa. Con fragore, perché siete ridondanti. Quanto rumore avete lasciato nei banchi vuoti.

Fuori avete aperto gli occhi con una smorfia, accecati dalla luce improvvisa.


Ed è stato lì che ho visto.


Ho visto una ruga nuova che si incideva nel Vostro viso. La vedevo formarsi. Mi sembrava diversa: era come BELLA, aggraziata! E Voi la massaggiavate.

Allora ho capito. Ma certo: LUI, il Vostro amico era lì dentro! Che voleva restare con Voi tutti. Voleva ubriacarsi ancora di corse in moto e sentire quel brontolio tipico dell'Harley.

E allora ho visto ancora. Una piega della Vostra bocca ha mostrato un accenno di sorriso. Forse è anche spuntato un raggio di sole, come nei film. Voglio anche pensare che sia sbocciato un fiore! Sì, LUI, Giovanni era assolutamente lì, posseduto da quella ruga, di nuovo con Voi.

E stavolta però,

Per Sempre.

UN LADRO DI VITA

Squilla il telefono.
“Anna, è arrivata un’ingiunzione del tribunale”.
Ci metto un attimo a capire che:
lei è la mia amica Emanuela
la faccenda riguarda me
lei è agitata e mi dispiace
Da quindici giorni ho la residenza a casa sua e quindi le comunicazioni le ricevo da lei.

Cerco di concentrarmi perché si sovrappongono l’esigenza di capire se Emanuela è seccata e se questo guaio può essere qualcosa di grave per me.
Emanuela fa due battute e quindi la prima problematica è risolta.
Provo grande riconoscenza verso una splendente amicizia fraterna così salda.

Apro quindi preoccupata la busta A breve mi rendo conto che il mio (ex) marito ha
                                                     
                                                       divorziato senza di me.

Leggo espressioni come divorzio contenzioso e resistente contumace (che sarei io).
Scorro i fogli e vedo che ci sono state ben due udienze regolarmente notificate alla resistente (a me), a cui io non ho partecipato.
Proseguo nella lettura e mentre desumo di qui e desumo di là, arrivo a una sola conclusione: fra quindici giorni sarò libera di sposarmi di nuovo.

Ah, dimenticavo: sarò anche molto povera.
L’assegno mensile è stato revocato in toto.

Chiamo il mio EX marito e non mi risponde.
Chiamo il portinaio della vecchia residenza e mi giura che lui non ha ricevuto MAI NULLA.
Chiamo il mio avvocato della separazione che vuole vederci chiaro. Gli invio tutti i documenti.
Chiamo di nuovo Emanuela per chiarirle meglio la faccenda.

Non chiamo più nessuno. 

 Mi rendo conto che quel legame (chiamato “separati”) e quel misero assegno mensile mi trattenevano in un passato tossico.
Provo un nuovo senso di leggerezza e libertà.
E poi essere una “resistente contumacia” mi ributta in quella vita rubata di odio in cui ho vissuto troppo a lungo.

No, non chiamo più nessuno e con la parola “divorzio” voglio chiudere finalmente la storia. Questa storia inutile.

Con un ambiguo protagonista:
un                                                          “Ladro Di Vita”.