martedì 25 gennaio 2011

Quegli Omoni








La Tua moto si è spenta Giovanni e con lei il Tuo cuore. Un cuore harleysta, che attirava persone speciali. Persone diverse, in cui qua e là spiccavano "quegli omoni".
Quegli omoni grandi e grossi. Quelli con le spalle larghe, imponenti, quelli con quei piedi infiniti calzati da scarpottoni bombati, sgraziati. Così da renderli rudi e come ciondolanti nel loro camminare. Con quei giubbottoni che stringono sempre sotto le ascelle.
Quegli omoni con la faccia dura, che se alzano un braccio e lo fanno scendere per caso sulla tua testa ti potrebbero ammazzare.
Quegli omoni con un filo di barbetta incolta e il viso solcato da quelle rughe di vita vissuta.
Sì proprio loro. Quegli omoni.
Li ho visti abbassare il capo l'altro giorno. Li ho visti abbassare la testa, con i piedi e le mani uniti, in un accenno di preghiera sconosciuta, blaterante e disperata. Ho sentito le loro lacrime silenziosissime, trattenute, ma impossibili da nascondere. Ho scoperto il loro sguardo perduto, trasparente, ancora incredulo e pieno di domande. Ma soprattutto pieno di "aiuto, soffro".
Ecco. Sono stati loro a farmi star male. Loro così forti, così navigati, ma così fragili. Così di nuovo bimbi davanti al dolore. Il dolore quello brutto, il peggiore... Quello della morte.
Era morto il loro amico e una messa li aveva riuniti. Fermi, bloccati da un prete che inesorabile scandiva con parole purtroppo inutili il suo non più ritorno.
Dolci giganti spaventosi, siete Voi che mi avete toccato l'anima.
Sì, mannaggia. Anche quando Vi ho visti uscire dalla chiesa. Con fragore, perché siete grandi, siete ridondanti. Quanto rumore avete lasciato nei banchi vuoti.
Fuori avete aperto gli occhi con una smorfia, accecati dalla luce improvvisa.
Ed è stato lì che ho visto.
Ho visto una ruga nuova che si incideva nel Vostro viso. Si faceva posto fra le altre. Beh, che strano, la vedevo formarsi. Allora l'ho osservata. Ehi... Mi sembrava diversa dalle altre. Davvero. Questa era come... bella, aggraziata! E Vi ho visti che la massaggiavate.
Allora ho capito. E ho capito che anche Voi lo sapevate. Ma certo: LUI, il Vostro amico era lì dentro! Che voleva seguirVi nel Vostro lottare. Voleva restare con Voi. Con Voi tutti. AiutarVi e amarVi. Come aveva sempre fatto, peraltro. Voleva ubriacarsi ancora di corse in moto e sentire quel brontolio, "buò, buò, buò, buò, buò.... broooum, buorobuò" (e come fare a scriverlo?), tipico dell'Harley.
E allora ho visto ancora... Sì, una piega della Vostra bocca ha mostrato un accenno di sorriso. Forse è anche spuntato un raggio di sole, come nei film. Voglio anche pensare che sia sbocciato un fiore! Sì, sì. LUI, Giovanni era assolutamente lì, posseduto da quella ruga, di nuovo con Voi. E stavolta però,
Per Sempre.

L'URLO DI JEPA


Ogni giorno ci provi: qualcuno ti ha insegnato che "si fa così a vivere".
E ogni giorno lotti contro l'urlo: lo trattieni, lo organizzi in pensieri...
Ma stai male.
Io lo so che è l'ansia, l'ansia del nulla.
E allora lo risenti l'urlo!
Che vuole uscire dal tuo dentro.
Ma tu sei forte: lo trattieni.
Perchè "non si può!".
Cerchi qualcuno, piccolo Jepa, vorresti un abbraccio d'amore, vorresti l'amore, vorresti la "tua donna", tante donne.
Per una sola esigenza....

AVEVA UN PICCOLO UCCELLO


Aveva un piccolo uccello.
Prevedibile d'altronde, dato il comportamento delicato che rasentava l'effeminato.
Ebbene, lui ogni sera si guardava in mezzo alle gambe e il suo uccello piccolo gli faceva capire che era sì uomo, ma a metà.
Avrebbe mai fatto godere una donna?
Non del tutto.
Secondo lui, naturalmente.
Inoltre nel tempo il suo corpo si era trasformato.
Era diventato a poco a poco lievemente asessuato.
Seguito dalla diminuzione parallela del suo interesse sessuale.
Divenne un uomo efebo.
Uno che non raccoglieva che sporadiche avventure.
Che come iniziavano, finivano.
Fino a che non incontrò lei. La piccola Occhigrandi. Bella e dolce. Che lo guardava piano piano. Una donna timida, spaventata, insicura.
Si amarono a lungo. Di un amore pieno di attenzioni, delicato.
E quel suo piccolo uccello... Perse di importanza.
Già.
Non rappresentava più il suo "essere uomo".
Il fatto di essere riuscito a soddisfare sessualmente la dolce Occhigrandi lo aveva guarito.
Carezze, attenzioni, abbracci, baci appassionati... Un trionfo della libido!!!
Ritornò uomo.
Gli ricrebbe la barba.
La voce riprese il suo tono profondo.

Tutto qui.
Uomo, non pensare con l'uccello! Cresci, perdiana...

(Dai, questa è una storiella bellina...)




lunedì 24 gennaio 2011

E RESPIRARE TRANQUILLA (2006)


Bolsa, rotolavo nella vita alla ricerca di un letto dove dormire.
Poi fra le macerie passò un carrozzone scintillante.
Ecco, i passeggeri al mio comparire si voltarono, osservandomi.
E aprirono una porta.
E mi tesero la mano.
Si fermarono e posero la scaletta davanti all'entrata, di modo che io potessi salire.
E respirare tranquilla.

Fui catapultata all'indietro nel fare il primo scalino.
Il carrozzone era ripartito, improvviso.
Ancora potevo rincorrerlo.
Ma si doveva aspettare l'arrivo di un aiuto.

Massacrante attesa di un letto per dormire.

giovedì 20 gennaio 2011

EPPURE IL SUO SGUARDO ERA GIOIOSO




Quella donna camminava e camminava.
Senza sosta.
Era vecchia, stracciata, le scarpacce consumate. I capelli grigio bianchi, stupidi e arruffati. Una donna che non interessava più a nessuno.
Eppure il suo sguardo era gioioso dentro a quegli occhi stanchi. La sua camminata era sbarazzina, mossa da quelle gambe nodose, fragili e caduche.

Non aveva più una meta. Era già molto tempo che vagava per strade sconosciute. Poche le soste. Dormire e mangiare. Per il resto tutto il suo vivere era in quel moto perenne.
E sorrideva sempre. Non ce ne si poteva accorgere. Solo un occhio sopraffino lo poteva notare. Il viso era troppo sporco, troppo rugoso. Confondeva. Ma per lei era sempre stato così. Per lei da sempre tutto era sempre stato bello. Tutti sempre buoni. In ogni caso. In ogni situazione.
Ed era così anche ora. In questo suo peregrinare. Dove non esisteva più niente se non l'attesa della morte. Dove ormai non possedeva più nulla, se non ricordi, memorie passate. Ma era così. Lei era felice.
In fondo quella vita sghemba le era passata in un battibaleno.
Nascita, crescita, studi, primi amori, matrimonio, figli, lavori, pruriti, amanti, separazione, povertà, teste di cazzo, nuovo marito, nipoti, menopausa. Vecchiaia. Tutto in un attimo.

Ciao vita mia. Sei bellissima, ma inutile. Peccato. Mai ti lascerei, ma non trovo ragioni valide abbastanza che mi portino a pensare il contrario.
Mi diverti e accetto di giocare con te. Ma non prendermi per il chiulo.
Non servi a niente.
Sgnonf!