domenica 23 novembre 2014

LE OTTO PIANTE DEL PODERE (Seconda Parte)

Tanto per far capire la difficoltà...
            Allora come da accordi sono andata ad abbracciare le otto piante che ho descritto la volta scorsa.
Sono otto piante enormi, secolari, abbastanza distanziate le une dalle altre.
Non sono in un bosco. Sono solitarie in mezzo ai prati (e ai rovi).
Quindi si distinguono bene.
C’è una storia da sapere. C’è chi dice che sia molto importante abbracciarle, perché fanno bene alla salute (sprigionano ioni, bla bla) e perché ristabiliscono il giusto rapporto uomo-natura che si sta perdendo.
Queste piante secolari, immense, solide sono spettatrici immobili dello scorrere della vita. Hanno radici miracolose, che raggiungono profondità a noi sconosciute e che il terreno ringrazia, perché aiutano a tenerlo saldo. I loro rami, frondosi, si spingono verso l’alto e parlano col fruscio delle foglie. E il cinguettio degli uccelli. E di chissà quanti altri animali…

Ho provato ad osservarle da lontano, con un’altra prospettiva e ho provato un grande rispetto. Natura  pianta, natura uomo (donna). Energie che fluiscono.

Ma mi avevano detto che dovevo abbracciarle.
E quindi l’ho fatto. Non senza difficoltà devo dire, perché si trovano in una zona dove l’uomo non è mai passato e quindi molto impervia.
Nonostante questo ho trovato dei sentierini, probabilmente (sicuramente) creati dal passaggio di animali, che mi hanno aiutata a raggiungerle.
Il luogo che sto descrivendo conta tantissimi daini, cinghiali, lupi, caprioli, istrici (chiamate localmente le spinose), lepri, conigli, faine, ecc.. e una miriade di uccelli. Ma quelli volano e non creano sentierini.
Ad alcune mi sono avvicinata facilmente.
Ad altre (come ho accennato) invece è stato difficilissimo. La zona intorno al loro tronco è piena di rovi, fitti, fitti. Con le scarpacce mie da passeggiata (scarpacce? Delle bellissime pedule, che strapazzo in campagna) ho alzato la gamba e piano piano li ho schiacciati, creandomi un varco. È vero, li ho schiacciati, purtroppo (nel senso che li ho uccisi). Ma avevo questa missione da compiere.

E mentre le ho abbracciate, la mente ha vagato e si è creata una propria storia.
Suggestione? Forse sì e forse no, ma poco importa. È molto bello riuscire a provare sensazioni forti e soprattutto stabilire un contatto con la natura. Dedicare del tempo a qualcosa di primordiale.

Le prime due le ho sentite lontane da me. A partire dalla terza ho iniziato ad avere più familiarità, in progressione fino all’ultima che è stata il massimo dell’intimità!

Pianta 1 prospettiva
Vado con ordine:
Pianta 1 abbraccio
la prima pianta mi ha tenuta lontana da lei. La sentivo distaccata, perché occupata in altre faccende come il controllo degli smottamenti (è vicina a un ruscello). Ho percepito però la sua solidità.
Una particolarità: appoggiando l’orecchio al tronco ho sentito il mare nell’orecchio come succede con le conchiglie.




Pianta 2 abbraccio
Pianta 2 prospettiva
La seconda è stata molto simile alla prima. Erano molto vicine. Poco in sintonia con me, perché occupata in altre faccende. In un posto molto ripido quindi come se mi dicesse: devo stare attenta che le mie radici tengano il terreno e non lo facciamo franare.



Pianta 3 prospettiva
Pianta 3 abbraccio
La terza era più piccolina e l’ho sentita gioiosa, aperta, con le fronde che si muovevano col vento e gli uccellini che le svolazzavano sopra e intorno. Giovinezza, progetti, voglia di vivere e di giocare con me. A iniziare da lei ho quindi impostato una relazione con loro.

Pianta 4 prospettiva
Pianta 4 abbraccio
Sono poi andata dalla quarta: lei controllava il via vai degli uccelli, le migrazioni, il passaggio degli animali, quanto vento c’era, quanta pioggia, quanto sole… L’ho sentita impegnata in un controllo! Come con le prime due, però di diverso c’era che sentivo familiarità fra me e lei. In qualche modo me lo raccontava, mentre con le altre percepivo distrazione. Sembrava che non volessero essere disturbate da me.
Pianta 5 abbraccio

Pianta 5 prospettiva
E così è stato anche con la quinta: anche lei era impegnata in un controllo, però dello scorrere di un fiumetto abbastanza grandino vicino a lei. Si parlavano tra di loro. Ma io ero parte integrante.

Pianta 6 abbraccio

La sesta difficilissima da raggiungere per via dei rovi. E con lei ho avuto un passaggio di energia. Mi ha trasmesso la sua solidità. Non era impegnata con altre cose. Eravamo lei ed io e la natura in un silenzio tenero, rassicurante.

Stradina fra i rovi
La settima è stata veramente difficilissima da raggiungere. Anche lei per via dei rovi. Mi ha trasmesso qualcosa al di fuori di noi due. Come se fosse l’eternità.

Stradina fra i rovi



Pianta 7 abbraccio

Pianta 7 prospettiva
Eravamo quindi lei, io, la natura intorno a noi e il cosmo; il tempo passato e quello futuro.
E (incredibile) quando mi sono allontanata, sono comparsi nel cielo dei caccia (aerei) roboanti. Il cielo si faceva "sentire"?
E i rovi mi hanno slacciato le scarpe. Tutte e due. Io le ho rimesse a posto, ma chissà che messaggio mi cercava di trasmettere…

Pianta 8 abbraccio

Pianta 8 prospettiva

Sentierino fra i rovi

Pianta 9? abbraccio (Forse ne ho abbracciate 9....)

Pianta 9? prospettiva
L’ottava anche lei è stata difficilissima da raggiungere per via dei rovi.  Quando finalmente sono arrivata al tronco, ho infilato il braccio fra due steli pieni di spine.
E con lei ho sorriso. Davvero! Per davvero ho finalmente sentito la casa, la protezione.
Ho sentito la “mamma”.

Direi un’esperienza unica e anche divertente. Un giochino fra me e una forma di vita che non ho mai considerato. Che ho sempre dato per scontata.

La prossima volta che ritornerò in quel posto, proverò a parlare alle mie otto (o nove?) nuove amiche.
Vediamo che succederà…


http://wellthiness.wordpress.com/2010/05/10/abbracciare-gli-alberi-una-pratica-antichissima-per-ritrovarci-e-ritrovare/

sabato 8 novembre 2014

LE OTTO PIANTE DEL PODERE (Prima parte)

Pianta 1


"Mi fa lo stesso effetto ogni volta che si parla degli alberi, di qualsiasi albero: il tiglio nel cortile della fattoria, la quercia dietro il vecchio fienile, i grandi olmi purtroppo scomparsi, i pini piegati dalle raffiche lungo i litorali ventosi ecc. C’è talmente tanta umanità in questa capacità di amare gli alberi, talmente tanta nostalgia dei nostri primi stupori, talmente tanta forza nel sentirsi così insignificanti in mezzo alla natura... sì, è proprio questo: l’evocazione degli alberi, della loro maestosità indifferente e dell’amore che proviamo per loro da un lato ci insegna quanto siamo insignificanti, cattivi parassiti brulicanti sulla superficie terrestre, dall’altro invece quanto siamo degni di vivere, perché siamo capaci di riconoscere una bellezza che non ci è debitrice"
Da: "L'eleganza del riccio"

Passeggiando nel podere in Toscana faccio tanti incontri. Ci sono quaranta ettari, scevri dal cemento malefico e vergini. Ma veramente vergini: alcuni posti non hanno mai visto l'uomo. Figuriamoci una donna!
C'è un'atmosfera surreale, che mi fa percepire l'immenso. L'eternità. Il mio movimento all'interno di qualcosa di molto più grande di me, di immobile da secoli.
Ci vado quasi tutti i giorni, perché non mi fa bene solo allo spirito. Mi mantiene sano anche il corpo e fa felici anche i miei quattro cani, che corrono in luoghi un po' diversi da quelli di casa.
Ci sono tante presenze in quella natura spettacolare e si percepiscono proprio sulla pelle. Non sono facili da identificare, ma piano piano le sto decifrando.
Poco alla volta.
La prima l'ho scoperta l'atro giorno: le piante!
Io ne ho solo contate (e fotografate) otto, ma sono molte, moltissime di più. Sono enormi, imponenti, maestose. Immobili nel loro movimento!
Credo che cercherò di dar loro un nome. Di trovare la loro storia avvicinandomi a loro con rispetto.
Sono certa che incontrerò qualcosa di eccezionale...


Pianta 2

Pianta 3

Pianta 4

Pianta 5

Pianta 6

Pianta 7

Pianta 8

giovedì 16 ottobre 2014

LA LEGGEREZZA DELLA FELICITÀ

           

Pierre Auguste Renoir Sleeping Bather 

    Perché la mattina capita che ti svegli e il buonumore ti pervade.
La luce che sbircia dalla finestra ti fa capire che sta arrivando il giorno ed è rassicurante,
il calduccio del letto è protettivo e rilassante,
il sapere che non si ha fretta e che quindi si possono chiudere gli occhi ancora per un momento, mantiene rilassate le membra,
Botero – Ballerina
l’udire gli uccellini che cinguettano felici ti fa venir voglia di darti da fare,
l’intuire che i tuoi cani ti stanno aspettando per coccolarti ti fa tenerezza.

È come se tutti intorno a te sorridessero:
dalla sedia, al camino, alla porta, alla strada, al giardino…

E tu ti muovi e vivi intorno a loro.
Ti senti morbida, cammini come danzando, regali sorrisi a chiunque ti circondi.
In un’atmosfera calda, rallentata, semplice.
E ti doni: regali il tuo calore, la tua serenità, la tua gioia pastosa.

E io ho scoperto che la mia vita è per la maggior parte del tempo proprio così. Ma l’ho intuito soltanto il giorno in cui sono uscita dal buio dell'indifferenza verso la vita.
Van Gogh – Sien, seduta su una cesta, con una ragazza
Dove non vivevo e non guardavo.
Non incontravo fiorellini gioiosi e niente brillava.
Dove tutto era opaco.


Il perché non lo so. Forse succede e basta. Col vivere, si entra e si esce nella luce e nel buio.


giovedì 23 gennaio 2014

LA LETTERINA

Quella busta sopra il comò porta la scritta:
Da leggere “…dopo”.


È stata aperta, si vede. Perché Chetto infatti è disteso nel letto. È bianco, è freddo, è immobile. Sì, è morto, è nel “… dopo”!

Chissà cosa ha pensato scrivendola, chissà se ha immaginato tutto questo.

Forse anche no, perché sono pensieri che si preferisce non vivere da ancora vivi.

E quella busta sopra il comò è nel corridoio. E vede passare tutti, è testimone degli eventi di questo “dopo”. E passa Simona con Raffaella, la cugina della vita. Che gioia vederla con la sua mamma, la zia Lella, che è sempre bella, perché poi fa anche la rima. Tutti i cugini, perché arriva Aurelia, con Machi e il Luca, che non se ne vuole più andare e lo devono spingere fuori dalla porta. Non vuole “staccare”, non vuole “mollarli”.

Ma chi li vuole mollare più?

Sono così belli tutti insieme.

E la Mimma che pacata, silenziosa, attenta passa da una stanza all’altra per vedere se tutto è a posto. Per salutare gli amici di sempre che sono accorsi numerosi, col cuore in mano e le lacrime trattenute per lei e per il Chetto a loro tanto tanto caro.


Perché poi c’è quel divano in sala che è sempre pieno di gente e c’è il telefono che squilla in continuazione.



“Cosa rispondo? “– “Scrivi: -Un abbraccio, grazie- che va bene!”.

“Era Luca al telefono… Mi ha raccontato tutta la sua vita. Che carino…”

La Manu sembra distratta a destra e a sinistra dalle mille cose, ma non perde di vista la sua mamma. Che stia bene, che non molli. Ogni tanto “grugnisce”, quando subodora intorno a sé la superficialità. Imperterrita combatte questa partita persa in partenza, ma non demorde: non li sopporta gli arroganti. E si vede!

La Chiara, così bella, così “mamma” dolce, così “cara”. Quanto cuore in quella giovane donnina, quanta saggezza bella… Con la sua Bianchina: è lì anche lei, con i suoi sorrisissimi e il suo immacolato argento vivo.

E Filippo grande, alto, forte. Con le sue mani così protettive. Che appena ha potuto le ha appoggiate sulla schiena della Manu. “Sono qui, stai tranquilla, mamma.”… Sembra proprio che parlino.

Alice con quegli occhi intelligentissimi, che osservano e sorridono. Che sanno che lì sono al sicuro. Lì in quella bella famiglia. Pronta a uccidere, chiunque la attacchi…

Simona che sdrammatizza ogni momento cruciale. Consola, risolve, parla nei momenti di mutismo. Col suo Alberto, nel suo silenzio presentissimo, con le sue pochissime parole, ma basilari.

La Camillina che tutto risolve e la dolcissima Ita, dallo sguardo buono.

Ma che bella famiglia, ma che bella unione.

E mano a mano che il tempo passa quella letterina sul comò è sempre più luminosa. A guardarla bene sembra persino sorridere.

In mezzo alle tante lacrime sa benissimo che nel cuore di ogni componente della sua bella famiglia, lui, il Chetto, ha lasciato un segno incancellabile.

Lui, depositario unico e impagabile di una dirittura morale esemplare, li ha cresciuti dritti e sani.

In una famiglia tutta (quasi) al femminile, Chetto unico rappresentante maschile è bastato e anche avanzato.






Che bell’esempio maschile ha lasciato in eredità.


Sta arrivando l’impresa. Fra poco lo portano via.

La letterina si stropiccia per un momento.


Ma passa qualcuno di loro e senza troppo pensare la risistema, la ridistende quasi con una carezza.



La letterina si rasserena e ritorna a risplendere.
È tranquilla ora.
Sa che loro non saranno mai soli!