mercoledì 23 febbraio 2011

ROSE, ILGRANDE MAESTRO

“Ci vediamo fra 3 giorni. Giovedì alle 3 pm davanti a Gerry’s. A Hollistar, California”.
E Mino Spadacini quel giorno a quell’ora precisa era lì.

Aereo prenotato al volo: Milano - San Francisco.
Noleggio della macchina.
Il passaporto, alcuni biglietti da 50mila lire, lo spazzolino da denti e una piccola borsetta da viaggio.
Mezza vuota, ma piena di felicità, aspettative, curiosità.
Bacio alla mamma (“Ma dove vai??? - Ma in California, mamma… Dove se no?”).
Un abbraccio al papà (“Aspett…….” Troppo tardi. Era già uscito.)
E pronti via.

Siamo nel 1964 e lui aveva appena 20 anni.

L’incontro era fra lui e George Rose, uno dei più esperti "uomini di cavalli" (vaqueros) di Monta alla Californiana.
Mino aveva scoperto per caso lo stile californiano su una rivista. Aveva comprato un libro e l’autore gli aveva parlato di lui
E subito lo aveva chiamato.
Ci si può immaginare la scena.
Da una parte questo uomo importante, navigato; il vero cow boy abbronzato e impolverato e dall’altra l’impavido giovanissimo milanese dagli occhi spalancati, pieni di entusiasmo, ingenuità e aspettative.
Che lo guardava come se fosse il Padreterno.
Sicuramente Rose avrà sorriso teneramente nel vederlo e avrà anche subito colto la sua genuinità. E quella sua ansia di imparare, di voler diventare come lui.
E gli piacque subito.
“E perché no”, si disse.
E con sua moglie Janis lo “adottò”.
Fu esattamente così e per ben 5 anni.

“Ehi abbiamo la stessa cintura”.
Glielo disse saltellando, con un mezzo sorrisetto di complicità e con il suo inglese scolastico.
Rose lo fissò in silenzio, si voltò, lo fece salire sul suo pick up macigno e mise in moto.
“Andiamo giovanotto. E buttalo via quel tuo ferrovecchio. Qui le cinture sono in argento oro e zaffiri. Non di ferro come la tua”.
Ops….
E da allora Mino Spadacini imparò la legge dei rancheros.
Si adattò velocemente. Imparò a obbedire e a vivere come loro.
A cavallo dalla mattina alle 4 fino a sera.
Bestiame, lazi.
Cancelli da aprire e da chiudere.
Cena alle 6.
Stanco morto.
Una cena a base di Burbon e top sirloin steack (“la cuteletta”).
In quegli anni visse in tutto e per tutto come loro.
Entrò totalmente a far parte del mondo Californiano.
Lo studiò, lo praticò, ma soprattutto ci entrò con il cuore.
Fino ad oggi.


40 anni abbondanti sono passati.
Siamo in Italia, dove lui vive.
E siamo lontanissimi da quel mondo oltreoceano.
Ma una parte di Mino è rimasta là
E ci rimarrà per sempre.
E quel piccolo grande pezzo di terra italiana che oggi gli appartiene, ripropone esattamente il suo vissuto americano.
Lì lui non smette mai di studiare nei minimi particolari la vecchia tecnica e allena i suoi cavalli tutti i giorni.
Con Rose nel cuore.
Quel Rose che non c’è più e che lui però vede ancora cavalcare da solo nelle praterie, tutt’uno col suo cavallo e il suo cane Lobo. L’immagine ormai è sfuocata, ma lui lo vede Rose che sorride. E sorriderà per sempre perchè è nel suo mondo, col suo cappello e i suoi speroni, la sua polvere, le sue rughe.
Nella sua eternità. Per sempre.

1 commento:

ohan ha detto...

Ciùmbia, che storia. Bravissima!